Solo nel 2019, in tutto il mondo, sono stati spesi circa 700 miliardi di dollari per dispositivi IOT, facilitando la vita di molte persone.
Gli acquirenti di questi oggetti tecnologici che dialogano sempre più velocemente tra loro, rilasciano i propri dati a “qualcuno” per poter avviare immediatamente il loro processo di funzionamento.
L’aspirapolvere per pulire il pavimento di casa avviata comodamente dal proprio cellulare tramite la sua applicazione, registra i cm del pavimento di casa, ossia registra interamente la planimetria riportando le sue dimensioni esatte da qualche parte.
Questo vuol dire che chi attiva l’aspirapolvere, regala alla sua azienda produttrice dei dati planimetrici che identificano un suolo calpestabile del privato X già identificato e registrato da qualche altra parte.
Attenzione a questo passaggio perché non tutti gli acquirenti sono al corrente di dove vengano registrati i loro dati personali e sopratutto la finalità del loro utilizzo.
Avviene così uno scambio consenziente o non sempre consenziente ma obbligatorio di dati sensibili in cambio del funzionamento del dispositivo e di una comodità garantita.
Ma dove vengono registrati i dati personali se non sono memorizzati nello smartphone e neanche nell’aspirapolvere?
Matteo Sulis, appassionato di Smart home, intervistato a “Presa diretta”, racconta come la sua vita si svolge all’interno di casa, resa domotica installando più di 100 dispositivi collegati ad internet 24h su 24.
Alexa che ricorda quali rifiuti del giorno poter smaltire, il dispositivo luce che si regola in base alla fascia oraria diurna e notturna comunicando alle tapparelle la chiusura e l’attivazione dell’antifurto.
E ancora Alexa che ordina a “Nito”, l’aspirapolvere, di pulire il pavimento di casa.

Noi camminiamo felici perché più siamo connessi più è comoda la nostra vita ma attenzione a non abbassare la guardia perché alcuni dispositivi nascondono insidie, come l’attacco alla rete per port scanning e divulgazione di dati in più server.
Il Port scanning da una camera di sorveglianza
Con port scanning, in informatica, si indica una tecnica progettata per sondare un server o un host al fine di stabilire quali porte siano in ascolto sulla macchina. (Fonte IT Wikipedia)
Da un’analisi condotta su un tipo di videocamera di sorveglianza, è stato scoperto che il dispositivo, una volta collegato alla rete dell’abitazione, avvia un port scanning per capire se ci sono altri tipi di dispositivi all’interno della rete da cui possa prendere dati.
Termini e condizioni d’uso dei dispositivi
Molti di questi dispositivi ammettono di raccogliere i nostri dati scrivendoli in un’informativa chiamata “termini e condizioni”.
La cosa interessante è che se l’acquirente decidesse di non accettare tali termini e condizioni nel telefono e nelle App che le prevedano, si ritroverebbe a non poter usare i dispositivi acquistati.
“Quindi o li accetti o li accetti.”
Guarda il video integrale di PresaDiretta che presenta un’attenta analisi di molti dispositivi in uso nelle case di tutti, da uno smartphone al termometro di misurazione della temperatura per bambini.